I figli crescono e cambiano, ma i genitori non sempre sono pronti a lasciarli andare
Uno degli aspetti più complessi del ruolo genitoriale è quello di accettare che i figli crescano e cambino. La vera difficoltà sta nel saper assecondare il cambiamento mutando anche noi. La soluzione? Non prendere lo scontro come una sfida.
Quanti di noi conoscono il detto popolare: “Figli piccoli problemi piccoli. Figli grandi problemi grandi”. Sicuramente lo avremo già sentito in diverse occasioni. Al di là dei problemi che i figli creano o non creano, la verità rimane una soltanto: i figli crescono. Certo, sembra un’affermazione logica e banale, ma basta ascoltare i discorsi di qualche genitore per capire che in fondo così banale non è.
Non capita solo negli studi di noi professionisti dell’aiuto e della cura, accade spesso, ascoltando una conversazione tra persone, che qualcuno parli del proprio figlio sedicenne apostrofandolo con “Il mio bambino”. Alcune volte capita anche che a una richiesta difficile da parte di un ragazzo quasi maggiorenne si risponda: “Sei troppo piccolo”. Oppure ancora quante volte capita di sentire un genitore usare questa espressione parlando al proprio figlio adolescente: “Non ti riconosco più”. Quindi il vero nocciolo della questione non è che i figli crescono, come tutti abbiamo sotto il naso, ma che i genitori a volte non riescano a farlo.
I figli cambiano
- I figli cambiano
- L’allievo e il comandante
- Figli pronti a crescere, genitori no
- Un nuovo ruolo genitoriale
I figli cambiano
Dire a nostro figlio “Non ti riconosco più”, paradossalmente, dovrebbe essere un complimento. Il fatto che stia cambiando, mutando davanti ai nostri occhi, abbandonando l’infanzia per approdare in un mondo nuovo e inesplorato è un bene.
La verità che si cela dietro alla maggior parte delle affermazioni come questa, invece, è: “Io sono sempre uguale sia nei tuoi confronti che in generale, figlio mio, mentre tu stai cambiando. Non siamo più allineati e io non sono più in grado di capire come relazionarmi a te”.
L’allievo e il comandante
Creiamo un’immagine che ci aiuti a entrare nell’argomento. Immaginiamo un giovane marinaio, che fino a ieri faceva il “mozzo”, l’allievo. Questo giovane mozzo cresce e al di là delle sue abilità, inizia a voler essere come gli altri “cadetti”, allievi ufficiali. Ecco che il Comandante si ritrova un giovane mozzo sulla sua nave, stabile nella sua posizione, prevedibile nelle sue mansioni, controllabile nei suoi comportamenti, che vuole diventare qualcosa d’altro.
Fermiamoci un istante e pensiamo bene a questa situazione. Immaginiamo sia di essere il Comandante che di essere il giovane e pensiamo alle posizioni, desideri, aspettative dell’uno e dell’altro.
Più cerchi di tenermi nella posizione che tu vuoi per me, più io dovrò esagerare per non sentirmi come tu mi vuoi
Dopo una serie di timidi tentativi, ai quali il Comandante risponde con ferma autorità “Stai al tuo posto!”, il giovane inizia l’unica strategia in suo possesso per emanciparsi: deviare. Allora, pur di non essere più categorizzato in un ruolo che non sente più suo, inizia a manifestare comportamenti evidenti di sfida. Ma il punto non è la sfida, il punto è la voce del giovane che dice “Più cerchi di tenermi nella posizione che tu vuoi per me, più io dovrò esagerare per non sentirmi come tu mi vuoi”. Ecco che il Comandante, esausto dalle continue insubordinazioni, mosso da paternalismo discutibile incalza: “Non ti riconosco più”.
Figli pronti a crescere, genitori no
Ora è più facile entrare nella dinamica: da una parte un padre o una madre che si aspetta delle cose e dall’altra un figlio o una figlia che non intende più esaudire quelle aspettative. Uno è pronto a crescere, l’altro no. A voi le conclusioni.
Si, a voi le conclusioni perché queste sono dinamiche così quotidiane da essere “normali”. In questo articolo, però, ci legittimiamo a giungere ad alcune considerazioni.
I figli crescono e con loro siamo chiamati a crescere anche noi come genitori. È normale, però, sentirsi spaesati di fronte a un figlio che cambia, l’importante è non prendere il suo cambiamento come una sfida rivolta al ruolo genitoriale, piuttosto pensiamola come una sfida che il ragazzo stesso sta affrontando.
I rapporti cambiano ed è inevitabile. Ai bambini bisogna dare degli insegnamenti che i ragazzi dovranno autonomamente mettere in pratica, affinché possano misurarli, aggiustarli e perché no, anche superarli.
Un nuovo ruolo genitoriale
Diversa sarà l’interpretazione del ruolo di genitore, che deve subire dei cambiamenti. Cambia il linguaggio, gli approcci, le distanze, i consigli, insomma cambia davvero tutto.
E questo potrebbe completamente stravolgerci perché nel tempo abbiamo involontariamente costruito delle aspettative sui nostri figli. Non dobbiamo però lasciare che quest’ultime rinchiudano i ragazzi dentro paletti mentali che non solo non tollerano, ma che creano anche conflitti poco evolutivi.
Così come il mozzo che vuole diventare cadetto, non lasciamoci trasportare dalla tentazione, forse per paura, che ci porta a tenere i figli sotto le nostre ali anche mentre cercano di sperimentare il volo.
I figli fanno una gran fatica a crescere e il minimo che possiamo fare per loro è sforzarci di crescere anche noi insieme a loro.
E questo potrebbe completamente stravolgerci perché nel tempo abbiamo involontariamente costruito delle aspettative sui nostri figli. Non dobbiamo però lasciare che quest’ultime rinchiudano i ragazzi dentro paletti mentali che non solo non tollerano, ma che creano anche conflitti poco evolutivi.
Così come il mozzo che vuole diventare cadetto, non lasciamoci trasportare dalla tentazione, forse per paura, che ci porta a tenere i figli sotto le nostre ali anche mentre cercano di sperimentare il volo.
I figli fanno una gran fatica a crescere e il minimo che possiamo fare per loro è sforzarci di crescere anche noi insieme a loro.