Felici e sostenibili: l’istruzione deve ripartire dal contatto con la natura, solo così avremo bambini (e adulti) felici
L’istruzione è ciò che dà l’imprinting alla persona. La definisce non solo a livello professionale ma anche, e soprattutto, a livello personale. Una scuola basata sulle lezioni frontali in cui i bambini devono sottostare a giudizi costanti non incentiva la collaborazione né il rispetto per il prossimo, ambiente compreso. Per questo sarebbe bene abituare i bambini sin da piccoli alle esperienze nella natura scegliendo per loro attività come lo scout e una scuola montessoriana.
Se ti chiedessi cosa ti ricordi delle ore trascorse sui banchi di scuola probabilmente mi risponderai che, oltre alle chiacchierate e alle risate con i compagni, hai ancora ben impresse nella mente le interrogazioni, le verifiche a sorpresa e l’ansia provata nel momento in cui entrava in classe la professoressa più odiata dell’istituto. Non giriamoci attorno, tutti ci siamo sentiti sotto stress al liceo, chi più chi meno. Il timore del giudizio ci è stato instillato fin da piccoli, così come il dover rimanere “zitti e buoni” seduti al nostro posto. Le lezioni frontali basate su una comunicazione unidirezionale non sempre sono state un incentivo all’apprendimento, anzi, forse più allo sbadiglio. Ogni sacrificio ci è stato presentato come indispensabile per raggiungere quel posto di lavoro da favola che ci avrebbe consentito di “realizzarci”.
La scuola e l’educazione più in generale hanno un peso importante nella formazione della nostra mentalità e della nostra visione della vita e, analizzando la nostra impostazione scolastica, vediamo bambini e ragazzi costretti a star seduti per la maggior parte del loro tempo, prima in classe e poi a casa, tra compiti e studio, con uno stato emotivo che va dall’ansia al totale disinteresse. Il dover sottostare a dei voti incentiva la competizione e ostacola la formazione dell’intelligenza emotiva, motivo per cui impariamo a essere sempre diffidenti verso il prossimo.
Se scaviamo in un passato recente, però, incontriamo il pensiero di pedagogisti che avevano già intuito quale sarebbe dovuta essere la strada da percorrere per rendere lo studio divertente, libero e creativo. Maria Montessori, ad esempio, ci aveva visto lungo. Aveva capito che contatto con la natura e sane relazioni sociali sono gli unici due ingredienti per essere felici e, di conseguenza, rispettosi dell’ambiente. Esattamente come vogliamo fare noi con Green Happiness, Montessori ha colto il legame tra benessere psicologico e sostenibilità ambientale sostenendo che uno è la conseguenza dell’altra. Non a caso il “metodo Montessori” è diventato un paradigma per l’educazione diciamo, “alternativa”, e ha dato vita alle scuole montessoriane che si sono diffuse in tutto il mondo.
Solo grazie al contatto con la natura capiamo che nel mondo tutto è interconnesso.
Luca Frusciello
Come ci conferma il dott. Luca Frusciello, pedagogista clinico, “Maria Montessori negli anni ’50 aveva già notato con preoccupazione il progressivo allontanamento dei bambini dalla natura. Solo grazie a essa capiamo che tutto è interconnesso e questo ci rende più predisposti all‘empatia“. Ma non si tratta solo di come percepiamo gli altri, si tratta anche di maggior equilibrio mentale e benessere generale. “Una vita trascorsa attorno al cemento – continua Frusciello – non favorisce lo sviluppo della sensorialità visiva, tattile e sensomotoria che servono anche come prevenzione contro i disturbi comportamentali e di linguaggio“.
Veniamo, quindi, ai consigli pratici. Considerato che, come tutte le materie, anche l’educazione ambientale non dovrebbe essere trasmessa solo come una serie di prescrizioni, “i genitori – ci dice l’esperto – dovrebbero privilegiare per i figli attività all’aperto, ma non semplici passeggiate, devono essere momenti in cui il bambino è partecipe dell’esperienza. Bisogna incoraggiarlo a interagire con gli elementi che ha intorno. Imparerà che tutto è interconnesso e saprà che dovrà rispettare il prossimo così come l’ambiente in cui vive“. C’è un altro aspetto fondamentale ed è legato anche all’attività fisica. “Il bambino all’aperto, essendo libero di sfogare tutta la sua energia, può interiorizzare il concetto di limite, impara come autoregolarsi. La natura ha in sé dei limiti, lo smartphone, potenzialmente, non ne ha”.
Per avere prova degli effetti benefici della natura sui bambini puoi anche pensare a esperienze ancora più immersive, come lo scout, “utilissimo perché così il bambino ha modo di socializzare con gli altri in libertà – precisa il pedagogista. – Io lo consiglio spesso quando ho di fronte bambini apatici. Vedono gli altri solo come contesto e non come oggetto di relazione. Se manca l’empatia capisco che è mancata l’interazione sociale“.
Tornando alla scuola, avrai capito ormai come il rimanere 5/6 ore seduti al giorno sia parte di uno stile di vita incompatibile con i bambini. Questo ce lo conferma anche il prof. Stefano Bartolini, economista e docente di Economia sociale ed Economia della felicità all’Università di Siena. “Insegniamo ai ragazzi a obbedire ai superiori e a essere competitivi tra di loro, il risultato è una formazione relazionale non funzionale che non rende felici gli studenti. Le scuole montessoriane, invece, formano persone creative perché lì i bambini imparano la cooperazione. Tutte le decisioni, tra cui l’organizzazione degli spazi e gli argomenti da studiare, sono prese in accordo con gli alunni stessi. Questa è la stessa impostazione adottata dai paesi nordeuropei che, infatti, formano gente felice e competente perché se stai meglio, impari anche meglio“.
Un mondo di gente deteriorato deteriora anche la natura
Stefano Bartolini
Scegliere la scuola tradizionale e lasciare i bambini davanti alla tv o con il telefono in mano possono essere comportamenti comprensibili e di comodo per genitori che sono alle prese con mille impegni quotidiani ma ciò a cui dovremmo ripensare è proprio il concetto di felicità. Lo star bene non deriva dai beni materiali e dai device che gli stessi bambini richiedono come regalo sin da piccoli, ma dalle esperienze condivise. “La mentalità consumistica spinge i genitori all’acquisto di moltissimi giocattoli e dispositivi per tener impegnati i figli ma i bambini non hanno realmente bisogno di spese. La scarsità di emozioni crea la volontà di acquistare ma più produciamo più, allo stesso tempo, inquiniamo e un mondo di gente deteriorato deteriora anche la natura” conferma Bartolini.
La stessa cultura dedita al consumo e alla produttività a tutti i costi spinge poi i ragazzi, crescendo, a studiare argomenti non affini alle loro inclinazioni e utili solo alla ricerca di una buona opportunità lavorativa. Il benessere mentale, però, va spesso a rimetterci. “Ai giovani – conclude Frusciello – consiglierei di scegliere l’ambiente che più li stimola. Dovrebbero scegliere la strada che li appassiona perché non possono identificarsi solo con la posizione lavorativa che andranno a ricoprire. Consiglierei loro di viaggiare, di cercare la connessione con la natura e di dare la giusta attenzione ai sentimenti“. Ma di lavoro e di carriera ne parleremo meglio nella prossima puntata di Green Happiness.