Da Romito 8 ai pc, passando per Aristotele: il ruolo pedagogico degli adulti nell’accompagnare bambini e ragazzi nella crescita è creare opportunità.
La necessità di educare è sempre esistita nella civiltà umana e oggi più che mai è percepita come una sfida. Ma cosa significa “Educare” e chi se ne occupa?
Di solito si associa la pedagogia a temi quali scuola, bambini, didattica.
La pedagogia però respira in modo più ampio, connette età e temi differenti. Il tutto partendo da un unico concetto: prendersi cura dell’evoluzione dell’altro.
Etimologicamente “Pedagogia” significa “Accompagnamento dei bambini”. Nella Grecia antica il pedagogo era proprio lo schiavo che accompagnava il bambino da casa a scuola e viceversa.
Solo in epoca romana al termine pedagogia viene accostato il concetto di insegnante e poi precettore.
Oggi definiamo pedagogia la scienza che studia l’educazione e la formazione dell’essere umano. Lo fa attraverso interventi di verifica e trattamento dei disagi espressi dalle persone nei processi di apprendimento delle abilità personali, sociali, relazionali e scolastiche.
Per spiegarlo meglio proponiamo due aneddoti cronologicamente opposti: il primo risale a 12mila anni fa, il secondo all’età dei computer.
La storia di “Romito 8”
Nel 1961 in Calabria vennero ritrovati i resti di un uomo del Paleolitico. Romito 8 – così venne chiamato – riportava lesioni da caduta tanto importanti da renderlo infermo. Attraverso l’analisi dei resti venne stimato che, dopo la rovinosa caduta, non solo continuò a vivere grazie alle cure della sua comunità di appartenenza, ma poté rimanere parte utile e produttiva nella vita quotidiana attraverso la creazione di piccoli utensili.
La comunità si prese cura di lui e non solo si occupò di soddisfare i suoi bisogni primari, come dargli da mangiare e assicurargli un sonno sicuro, ma fece in modo di garantirgli un posto nel mondo. La comunità diede senso alle sue abilità, quelle residue, in modo autentico ed efficace.
La comunità “semplicemente” diede a Romito 8 un’opportunità. E questo significa educare: creare opportunità.
Pedagogisti e pc
Immaginiamo un meraviglioso computer, ultimo modello, pieno di potenzialità e in grado di azioni straordinarie. C’è, ma non abbiamo mai attaccato la spina del pc alla corrente: un vero spreco di potenzialità. In più ci arrabbiamo con il computer perché non funziona e, a volte, siamo pentiti di averlo preso con noi. Immaginiamo di rinunciare.
Se invece qualcuno ci facesse vedere come collegare il computer a una spina e dargli energia? Così il pedagogista si inserisce nel tentativo di creare opportunità, quella della spina.
Come permesso a Romito 8, il pedagogista crea i presupposti per evolvere insieme al mondo che lo circonda.
Un mondo, il nostro, fatto di genitori, insegnanti, verifiche, compiti, amicizie, gioie, paure, distrazioni, valori e disvalori, successi e insuccessi.
Chi educa suscita emozioni
Il pedagogista ha sempre aiutato l’uomo a sviluppare le proprie potenzialità, superare difficoltà, acquisire conoscenze e competenze adatte a fronteggiare i problemi della vita.
Fin dall’età antica, la pedagogia ha il compito di agire intenzionalmente nella formazione delle nuove generazioni, nella realizzazione di quello che potremmo chiamare un “Ideale” di persona. Un ideale che oscilla tra ciò che il bambino potrà essere e quello che dovrà essere.
Anche oggi come genitori, insegnanti, o più in generale come adulti educanti siamo costantemente alla ricerca di un equilibrio tra il permettere l’evolversi delle attitudini del bambino/ragazzo e la costrizione all’interno di regole protettive.
L’educazione, di cui la pedagogia si fa capo, rappresenta il processo mediante il quale l’individuo si realizza e si adatta all’ambiente,
Quindi siamo tutti educatori? La risposta è sì, tutta la comunità educa, un po’ come accadde a Romito 8. Ogni momento passato insieme a un bambino o un ragazzo si costituisce come momento educante.
L’educazione si appoggia ai modelli di appartenenza e su questo siamo chiamati tutti quanti in causa.
Ed ecco perché oggi più che mai è avvertita un’esigenza pedagogica, cioè la ricerca di un sapere che accompagni gli educatori (tutti) ad animarsi di strumenti educativi per permettere un nuovo equilibrio a fronte dello sviluppo tecnologico cui è connessa l’evoluzione della cultura. Sottolineo animarsi di strumenti, e non armarsi, perché come disse Aristotele:
Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto
Aristotele
L’agire educante del pedagogista punta a tracciare nel bambino e nel ragazzo contenuti ed emozioni, informazioni e sensazioni, regole e affetti. Perché senza suscitare emozioni nell’altro, non c’è trasmissione di alcun valore.
Per questo abbiamo bisogno di educatori animati, oggi più che mai.